Gino Lucente / XI 2024 ... self

 


Gino Lucente (Torre De’ Passeri, 1970) is a visual artist experimenting with various media, composer, and musical performer, and founder of the art/rock group King Tongue. In 2019, he presented the work "Sagra," created during his artist residency at Cirkulacija2 in Ljubljana, Slovenia. Among his notable solo exhibitions are: "Loro", Galleria Lorenzo Vatalaro, Milan, 2022; "Shining", Quattrocentometriquadri Gallery, Ancona, 2010; and "No Present Baby", Galleria Autori Cambi, Rome, 2004. He has showcased his works in group exhibitions both in Italy and internationally. With King Tongue and his solo projects, he has performed across Italy and Europe, collaborating on the "King Me" project with other contemporary artists in museums, galleries, and various exhibition spaces, as well as participating in festivals and cultural events.

The self-portrait becomes an actor with Gino Lucente. It is not just an image but simultaneously a statement, a question, an experiment, and a theatrical act. Whether with a brush, a camera, sounds, or digital tools, the "self" transforms into a living dialogue between the individual and society. It is a spotlight on one’s presence within the diversity of popular culture, an avatar with many faces.

If one asks an AI like ChatGPT to explore the self-portrait as a journey through various isms, styles, and media, starting, for example, with the Renaissance... In the Renaissance, the self-portrait became an expression of newfound self-awareness. Albrecht Dürer’s iconic self-portraits not only depict the artist but also embody the pursuit of perfection and divine order. During the Baroque period, the "self" became a means of staging: artists like Rembrandt van Rijn revealed themselves in intimate and dramatic scenes of light, showcasing their vulnerability alongside their artistic mastery. Romanticism viewed the self-portrait as a gateway to the inner world. Caspar David Friedrich and other Romantics merged self-portraits with landscapes to illustrate the unity between man and nature. Realism shifted the focus: Gustave Courbet painted himself amidst everyday life without idealization. Here, the self-portrait became a social commentary – a documentation of "real" life.
Impressionism revolutionized art by focusing on light and color. Self-portraits became less detailed but more vibrant and spontaneous, as seen in the works of Claude Monet or Berthe Morisot. Expressionism, on the other hand, brought an explosion of emotions. Egon Schiele and Käthe Kollwitz used self-portraits to visualize pain, doubt, and psychological depth – the self as raw, unembellished subject. In the surrealist works of Salvador Dalí or Frida Kahlo, the self-portrait became a surreal dream, where reality and fantasy blurred. Abstraction finally broke with figurative representation. Artists like Jackson Pollock and Piet Mondrian saw the self as part of a universal, non-figurative expression. Form became more important than the individual face.
With Pop Art, the self-portrait entered the realm of mass culture. Andy Warhol created iconic images of himself, often multiplied and in bold colors. Here, the self became a product, a mirror of consumer society. David Hockney and other artists played with photo collages and everyday materials to depict the self in its complexity and as part of collective memory. Postmodernism questioned identity. Cindy Sherman staged herself in shifting roles to deconstruct the concept of the self.
With the digital revolution, the self-portrait reached new dimensions: selfies, digital manipulations, and virtual reality technologies allow the self to be staged in countless forms and contexts. In popular culture, avatars and digital alter egos have become a fundamental part of self-expression. Music, too, reflects the self. Musicians like David Bowie used visual self-staging to create new identities. Music videos and performances merge visual art and sound into a multisensory self-portrait. "Musical action" – through singing, playing instruments, or electronic composition – opens new spaces for self-exploration... in short, an expanded history of Rock 'n' Roll.




Gino Lucente (Torre De’ Passeri, 1970), vive e lavora a Milano. Artista visuale sperimentatore di diversi media, compositore e performer musicale, fondatore del gruppo art/rock King Tongue. Nel 2019 ha presentato l’opera “Sagra”, realizzata per la residenza artistica presso Cirkulacija2, Lubiana, Slovenia. Fra le principali mostre personali si segnalano: Loro, Galleria Lorenzo Vatalaro, Milano, 2022; Shining, Quattrocentometriquadri Gallery, Ancona, 2010; No Present Baby, Galleria Autori Cambi, Roma, 2004.
Ha esposto i suoi lavori in mostre collettive in Italia e all’estero.
Insieme ai King Tongue e con il suo progetto da solista ha realizzato diverse performance in Italia e in Europa, collaborando nel progetto King Me con altri artisti contemporanei italiani e internazionali, in musei, gallerie e atri spazi espositivi e nell’ambito di festival e manifestazioni culturali.

L' autoritratto, con Gino Lucente, diventa attore. Non è solo un'immagine, ma al contempo una dichiarazione, una domanda, un esperimento e un atto teatrale. Che sia con pennello, fotocamera, suoni o strumenti digitali, il "sé" si trasforma in un dialogo vivo tra individuo e società. È un raggio di luce sulla propria presenza nella varietà della cultura popolare, un avatar dai mille volti.
Se si chiede a un'intelligenza artificiale come chatGPT di esplorare l'autoritratto come viaggio attraverso diversi ismi, stili e media, iniziando per esempio dal Rinascimento... Nel Rinascimento, l'autoritratto divenne l'espressione di una nuova consapevolezza di sé. I celebri autoritratti di Albrecht Dürer non rappresentano solo l'artista, ma anche la ricerca della perfezione e dell'ordine divino. Nel Barocco, il "sé" divenne uno strumento di messa in scena: artisti come Rembrandt van Rijn si rivelarono in scene intime e drammatiche di luce, mostrando la loro vulnerabilità così come la loro maestria artistica. Il Romanticismo considerava l'autoritratto un accesso al mondo interiore. Caspar David Friedrich e altri romantici fusero autoritratti con paesaggi, mostrando l'unità tra uomo e natura. Nel Realismo, le priorità cambiarono: Gustave Courbet si dipinse immerso nella vita quotidiana, senza idealizzazioni. Qui, l'autoritratto divenne un commento sociale, una documentazione della "vera" vita.
L'Impressionismo rivoluzionò l'arte concentrandosi su luce e colore. Gli autoritratti divennero meno dettagliati, ma più vivaci e spontanei, come nei lavori di Claude Monet o Berthe Morisot. L'Espressionismo portò invece un'esplosione di emozioni. Egon Schiele e Käthe Kollwitz usarono l'autoritratto per visualizzare dolore, dubbi e profondità psicologica – il sé come soggetto crudo e non idealizzato. Nei lavori surrealisti di Salvador Dalí o Frida Kahlo, l'autoritratto divenne un sogno surreale, in cui realtà e fantasia si mescolano. L'Astrazione, infine, ruppe con la rappresentazione figurativa. Artisti come Jackson Pollock e Piet Mondrian consideravano il sé parte di un'espressione universale e non figurativa. La forma divenne più importante del volto individuale.
Con la Pop Art, l'autoritratto entrò nella sfera della cultura di massa. Andy Warhol creò immagini iconiche di se stesso, spesso ripetute e in colori sgargianti. Qui, il sé divenne un prodotto, uno specchio della società dei consumi. David Hockney e altri artisti giocarono con collage fotografici e materiali quotidiani per rappresentare il sé nella sua complessità e come parte della memoria collettiva. La Postmodernità mise in discussione l'identità. Cindy Sherman si mise in scena in ruoli mutevoli per decostruire il concetto di sé.
Con la rivoluzione digitale, l'autoritratto ha raggiunto nuove dimensioni: selfie, manipolazioni digitali e tecnologie di realtà virtuale consentono di inscenare il sé in innumerevoli forme e contesti. Nella cultura popolare, avatar e alter ego digitali sono diventati una componente fondamentale dell'espressione personale. Anche la musica riflette il sé. Musicisti come David Bowie hanno utilizzato l'auto-messa in scena visiva per creare nuove identità. I videoclip e le performance fondono arte visiva e suono in un autoritratto multisensoriale. L'"azione musicale" – attraverso canto, strumenti o composizioni elettroniche – apre nuovi spazi per l'esplorazione del sé...
in poche parole, una storia estesa del Rock 'n' Roll.






Gino Lucente (*1970 in Torre De’ Passeri) lebt und arbeitet in Mailand. Er ist ein bildender Künstler, der mit verschiedenen Medien experimentiert, sowie Komponist und musikalischer Performer. Er gründete die Art-Rock-Gruppe King Tongue. 2019 präsentierte er das Werk "Sagra", das während seines Künstleraufenthalts bei Cirkulacija2 in Ljubljana, Slowenien, entstand. Zu seinen wichtigsten Einzelausstellungen zählen: "Loro", Galleria Lorenzo Vatalaro, Mailand, 2022; "Shining", Quattrocentometriquadri Gallery, Ancona, 2010; und "No Present Baby", Galleria Autori Cambi, Rom, 2004. Er hat seine Arbeiten in Gruppen- und Einzelausstellungen in öffentlichen und privaten Galerien und Museen in Italien und im Ausland gezeigt. Mit King Tongue und seinen Soloprojekten trat er in Italien und Europa auf und arbeitete im Rahmen des Projekts "King Me" mit anderen zeitgenössischen Künstlern in Museen, Galerien und anderen Ausstellungsräumen sowie bei Festivals und kulturellen Veranstaltungen zusammen.

Das Selbstportrait wird bei Gino Lucente zum Schauspieler. Es ist nicht nur ein Bild, sondern zugleich eine Aussage, eine Frage, ein Experiment und ein theatralischer Akt. Ob mit Pinsel, Kamera, Klängen oder digitalen Tools – das "Selbst" wird zu einem lebendigen Dialog zwischen Individuum und Gesellschaft. Es ist ein Streiflicht der eigenen Präsenz in der Vielfalt der Populärkultur, ein Avatar mit vielen Gesichtern.
Fordert man eine AI wie chatGPT auf eine das Selbstportrait als Reise durch verschiedenen Ismen, Stile und Medien zu erforschen zum Beispiel beginnend mit der Renaissance … In der Renaissance wurde das Selbstportrait zum Ausdruck des neu erwachten Selbstbewusstseins. Albrecht Dürers ikonische Selbstbildnisse zeigen nicht nur den Künstler, sondern auch das Streben nach Perfektion und göttlicher Ordnung. Im Barock wurde das Selbst zu einem Mittel der Inszenierung: Künstler wie Rembrandt van Rijn offenbarten sich in intimen und dramatischen Lichtszenen, wobei sie ihre eigene Verwundbarkeit ebenso wie ihre künstlerische Meisterschaft zeigten. Die Romantik betrachtete das Selbstportrait als Zugang zur inneren Welt. Caspar David Friedrich und andere Romantiker verschmolzen Selbstbilder mit Landschaften, um die Einheit von Mensch und Natur zu zeigen. Im Realismus verlagerten sich die Schwerpunkte: Gustave Courbet malte sich inmitten des alltäglichen Lebens, ohne Idealisierung. Hier wurde das Selbstportrait zu einem sozialen Kommentar – eine Dokumentation des "echten" Lebens. Der Impressionismus revolutionierte die Kunst durch den Fokus auf Licht und Farbe. Selbstportraits wurden weniger detailliert, aber lebendiger und spontaner, wie bei Claude Monet oder Berthe Morisot. Der Expressionismus brachte dagegen eine Explosion der Emotionen. Egon Schiele und Käthe Kollwitz nutzten das Selbstportrait, um Schmerz, Zweifel und psychologische Tiefe zu visualisieren – das Selbst als rohes, ungeschöntes Subjekt. In den surrealistischen Werken eines Salvador Dalí oder Frida Kahlo wurde das Selbstportrait zu einem surrealen Traum, in dem Realität und Fantasie verschwimmen. Die Abstraktion brach schließlich mit der figurativen Darstellung. Künstler wie Jackson Pollock und Piet Mondrian betrachteten das Selbst als Teil eines universellen, nicht-figurativen Ausdrucks. Die Form wurde wichtiger als das individuelle Gesicht. Mit der Pop Art drang das Selbstportrait in die Sphäre der Massenkultur vor. Andy Warhol schuf ikonische Bilder seiner selbst, oft vervielfältigt und in grellen Farben. Hier wurde das Selbst zum Produkt, ein Spiegel der Konsumgesellschaft. David Hockney und andere Künstler spielten mit Fotocollagen und Alltagsmaterialien, um das Selbst in seiner Vielschichtigkeit und als Teil des kollektiven Gedächtnisses darzustellen. Die Postmoderne stellte Identität infrage. Cindy Sherman inszenierte sich selbst in wechselnden Rollen, um das Konstrukt des Selbst zu dekonstruieren. Mit der digitalen Revolution hat das Selbstportrait neue Dimensionen erreicht: Selfies, digitale Manipulationen und VR-Technologien ermöglichen es, das Selbst in unzähligen Formen und Kontexten zu inszenieren. In der Popkultur sind Avatare und digitale Alter Egos zu einem festen Bestandteil des Selbstausdrucks geworden. Auch die Musik spiegelt das Selbst wider. Musiker wie David Bowie nutzten visuelle Selbstinszenierungen, um neue Identitäten zu erschaffen. Musikvideos und Performances verschmelzen visuelle Kunst und Klang zu einem multisensorischen Selbstportrait. Das "musische Handeln" – sei es durch Gesang, Instrumentalspiel oder elektronische Komposition – eröffnet neue Räume für die Selbsterkundung … in kurzen Worten, eine erweiterte Geschichte des Rock n Roll.